I frati cappuccini giunsero a Padova nel 1537, insediandosi inizialmente alle porte della città, a Roncone, frazione di Albignasego. Nel 1554 presero residenza nel borgo di Santa Croce, nel luogo in cui le monache di Sant’Agata e Santa Cecilia avevano una grande casa con edifici annessi e un grande orto.
Il convento di Padova – per la presenza di una prestigiosa università e per le dimensioni della città – era ideale per una seria preparazione negli studi. Fin dai primi anni vennero istituiti corsi per la preparazione dei predicatori; ai corsi di teologia dogmatica si aggiunsero, nel 1618, quelli di teologia morale, destinati soprattutto ai confessori. I frati si dedicarono anche all’assistenza spirituale nell’ospedale e nelle carceri.
Studiò a Padova il futuro superiore provinciale e poi generale dell’ordine san Lorenzo da Brindisi (1559-1619) che, fondando i conventi di Monaco di Baviera, Graz, Vienna, Praga, contribuì in maniera determinante alla ripresa del cattolicesimo nei territori degli Asburgo. Il santo, battezzato Lorenzo Russo, nato a Brindisi, ma fattosi francescano cappuccino a Venezia, fu valente predicatore e diplomatico, e lasciò una considerevole mole di scritti di teologia, apologetica, predicazione.
A Padova è legato anche il beato Marco Cristofori d’Aviano (1631-1699), predicatore, missionario apostolico, taumaturgo, diplomatico.
Fra il ‘700 e l’800 il convento dei Cappuccini è segnato da varie vicissitudini, conseguenza delle vicende politiche. Riuscì ad evitare le soppressioni veneziane del 1769, ma, nel 1810, arrivò la soppressione napoleonica per cui i frati furono costretti a scegliere: o l’incardinazione alla loro diocesi di origine o la secolarizzazione. È del 1824 il decreto imperiale per il ripristino del convento, per la cui riapertura si costituì un comitato di sottoscrittori appartenenti alle varie fasce sociali, desiderosi di vedere «ripristinati i religiosi benemeriti padri Cappuccini».
Il convento venne chiuso nuovamente dalla soppressione del 1867, imposta dal nascente Stato unitario d’Italia (leggi Siccardi). I Cappuccini trovarono ospitalità nel vicino quartiere Bassanello, per rientrare nel giugno 1872 a Santa Croce, dove si trovano tuttora.
Della primitiva costruzione, tuttavia, oggi non resta più nulla. Il convento fu ricostruito negli anni 1931-1932. La chiesa dei Cappuccini fu gravemente distrutta il 14 maggio 1944 da un bombardamento aereo delle forze anglo-americane (miracolosamente illesi i frati).
Oltre a san Leopoldo, altra figura importante, nella seconda metà del ‘900, fu mons. Girolamo Bortignon, vescovo cappuccino, che resse la diocesi di Padova per trentadue anni, dal 1949 al 1982. Fra le sue realizzazioni più importanti l’Opera della Provvidenza a Sarmeola di Rubano (PD). Nel cuore di tanti fedeli, rimane vivo il ricordo anche dei primi successori di padre Leopoldo nel ministero della confessione: padre Zeno (Fiorato) da Pescantina (†1964) e padre Guglielmo (Vidoni) da Magredis (†1986).
I Cappuccini, a Padova, furono cappellani dell’ospedale “maggiore” dal 1825 al 1867, anno in cui la soppressione sabauda mise fine pure alla loro assistenza spirituale alla Casa di Forza (carcere) dov’erano entrati nel 1831, e alle carceri criminali che assistevano dal 1839. Infine qualche anno più tardi, dal 1872 al 1877, furono cappellani dell’ospedale militare. In città, fin dal 1891, fu affidata ai Cappuccini la cappellania del cimitero maggiore.
Il bombardamento e la profezia di san Leopoldo
Un episodio memorabile accaduto verso la fine della Seconda guerra mondiale. Nella cronaca del convento del 14 maggio 1944 si legge: «Alle ore 12 il convento fu colpito in pieno da cinque grosse bombe aeree nemiche. Una cadde sulla chiesa e precisamente tra le due cappelle di san Francesco e di sant’Antonio, distruggendole quasi completamente, rimase ancora in piedi una parte della facciata, la parete sinistra e il coro fu seriamente danneggiato. Nonostante la parziale distruzione della cappella della Madonna, la statua dell’Immacolata rimase illesa nella sua nicchia. Quindici religiosi stavano nella cantina e il padre guardiano per il convento ad assicurarsi che tutti fossero discesi in rifugio. Due bombe colpirono in pieno il convento, dividendolo in due parti e distruggendo lo studio, l’ala dei fratelli laici la foresteria e parte dell’infermeria. Altre due bombe caddero a pochi metri dal rifugio, rasente i fabbricati, nella corte del convento, scavando due enormi crateri. Poche ore dopo il disastro furono sul posto le maggiori autorità cittadine, il vicario generale per il vescovo assente, sacerdoti e religiosi ed un’enorme massa di popolo».
Con meraviglia di tutti, tra le macerie fumanti, rimasero prodigiosamente preservate la statua della Madonna su un altare laterale e la celletta-confessionale di padre Leopoldo, collegata alla chiesa. La profezia di padre Leopoldo si era avverata. Un suo penitente, infatti, raccontò: «Un giorno, durante la guerra, andai a trovare padre Leopoldo. Gli chiesi se anche Padova sarebbe stata bombardata. “Lo sarà – mi rispose – e duramente. Anche questo convento e la chiesa saranno colpiti, ma questa celletta [il suo confessionale] no, questa no! Qui Dio ha usato tanta misericordia alle anime; deve restare a monumento della sua bontà». Una lapide posta sulla parete esterna della stanza ricorda ancora oggi il fatto.
Dopo la devastazione provocata dal bombardamento, i frati rimasti si adattarono a vivere nell’infermeria del convento e trasformarono in cappella la sala dell’Ordine Francescano Secolare, in attesa che i tempi permettessero la ricostruzione.
L’attuale chiesa, costruita su progetto dell’architetto Giovanni Morassutti, venne dedicata alla Trasfigurazione di Gesù e consacrata il 14 maggio 1950.