1. Il confessionale di san Leopoldo
Questo era il luogo dove padre Leopoldo confessava. Il santo rimase più di trent’anni in questa celletta dalle dieci alle dodici ore giornaliere, senza godere giorni di riposo o di svago. «Venga, signore, venga!», diceva, se avvertiva qualche timore nelle persone. La gentilezza perdurava sino al termine del colloquio. Spesso, alla fine, congedava il penitente con la confortante espressione: «Torni, signore, torni; saremo buoni amici».
Il 14 maggio 1944, un furioso bombardamento aereo devastò la chiesa e il convento dei frati cappuccini: solamente il confessionale di padre Leopoldo rimase indenne tra le rovine, a ricordo dell’immensa bontà che il Signore, in questo luogo, aveva testimoniato nel perdono di tanti peccati, riannodando sentimenti di amicizia e grazia con le diverse anime, che si erano allontanate da Lui.
In questa piccola stanza ha operato grandemente la bontà del Signore, compiendo autentici miracoli spirituali di fede e di conversione. In questo luogo spoglio, piccolo e freddo, il Signore, tramite il suo servo Leopoldo, ha riscaldato tanti cuori. In raccoglimento, ci siamo anche noi: preghiamo perché anche il nostro cuore, spesso spoglio e freddo come questo luogo, possa essere riscaldato dall’amore del Signore. Il nostro buio possa essere illuminato dalla sua luce. Le nostre lacrime possano essere asciugate dal suo perdono.
Solo se ci abbandoniamo al suo perdono, riusciremo, secondo il richiamo di questa celletta, a restare saldi e forti colpiti dai bombardamenti che la vita ci riserba, per giungere là dove non ci sarà più notte né pianto.
2. La reliquia della mano
Nel pomeriggio del 12 settembre 1982, il papa san Giovanni Paolo II sostò in preghiera all’interno di questa cappella, davanti alla tomba di san Leopoldo. Poi, si accostò alla nicchia dov’è conservata, in un reliquiario, la mano destra del santo, quella mano che si è alzata sui penitenti di ogni classe sociale e di ogni età per impartire il perdono dei peccati. È una mano scarna, con i segni dell’artrite e della penitenza, che però sanò tanti fratelli dal male benedicendo il loro cammino verso l’amore a Cristo rimanendo fedeli.
Ricordando l’immenso bene operato da padre Leopoldo, «testimoniato» dalla sua mano misericordiosa, il Papa si avvicinò alla nicchia e depose sul cristallo un bacio, esprimendo la venerazione per san Leopoldo. Tale gesto suggellò il «grazie» della Chiesa verso un grande e straordinario ministro della Riconciliazione.
In raccoglimento, preghiamo perché anche noi possiamo sperimentare la grazia della benedizione, il perdono del Signore e il suo amore. Solo dopo un incontro personale con Lui, possiamo pure noi amare e perdonare gli altri, come san Leopoldo ci ha insegnato.
3. La Vergine Maria, «Parona benedeta»
Questa statua fu donata a padre Leopoldo nel 1914. In chiesa, invece, è conservata la statua dell’Immacolata rimasta prodigiosamente intatta nel bombardamento aereo del 1944. Sul suo altare padre Leopoldo celebrava giornalmente la santa messa. Aveva la certezza di trovare in ogni chiesa gli altari dell’Eucaristia e della Madonna ed erano i suoi preferiti nelle visite, sostando in preghiera davanti ad essi.
È bello avere amici sulla terra, ma è più consolante sapere di averne in cielo. Chiamava la Vergine Maria, in dialetto veneto, sua «Parona benedeta». Scrisse: «Lei aveva contribuito alla restaurazione delle umane rovine causate dalla prima colpa, era giusto che le venisse dato un dominio morale su ogni creatura. In terra fu promotrice di grazia, in cielo ne è divenuta la sorgente morale».
Il suo confessionale poteva anche essere povero e freddo, ma gioiva nell’offrire qualche fiore per ornare l’immagine della Madonna. E la pregava senza sosta, affidandole i casi più difficili, suoi o dei penitenti.
Facciamo risuonare dentro di noi queste espressioni di san Leopoldo:
«La grazia che domandiamo è grande ma certo è maggiore la divina misericordia e pietà. […] Preghi sempre la Vergine santissima, la quale è fonte morale di ogni bene».
«Nel buio della vita la fiaccola della fede e la devozione alla Madonna ci guidano a essere fortissimi nella speranza».
Consolando e incoraggiando tante persone, il Santo diceva: «Abbiamo in cielo un cuore di Madre». Lo ripete – oggi – anche a noi.
4. La tomba di san Leopoldo
Padre Leopoldo morì il 30 luglio 1942, alle ore 7 del mattino. Si stava vestendo per la santa messa, a cui non rinunciava nemmeno quando si trovava in gravi condizioni. Lo colse un malore che ritornò a breve distanza. Spirò sul suo letto mentre pronunciava le ultime parole della Salve Regina: estremo saluto alla Vergine Maria, la sua «Parona benedeta».
Qui giace san Leopoldo. La sua tomba è meta di un costante e fervoroso pellegrinaggio di tante persone, attratte dalla forza spirituale di un amico che continua a donare protezione. Testimonianza che una vita vissuta all’insegna dell’amore verso il prossimo, illuminato dall’amore di Dio, lascia una traccia nella storia.
Con il salmista preghiamo: «Non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 16,10-11).
Come il sepolcro di Gesù, anche quello dei santi rimanda non alla fine di un rapporto, ma alla vita piena di comunione in Dio e tra di noi. I santi sono quegli angeli che, seduti sul sepolcro, dicono: «Perché piangi?». Portiamo a san Leopoldo i nostri lutti e lasciamo che su di essi cada la luce proveniente dalla santità di Dio e dall’amicizia dei santi.
5. Il calesse del miracolo
Al ritorno da un pellegrinaggio a Lourdes, nel luglio del 1934, san Leopoldo fu protagonista di un episodio inspiegabile. Assieme a don Luigi Callegaro, alla stazione ferroviaria di Padova, salì sulla carrozza di Augusto Formentin per ritornare in convento. Con loro c’era anche il piccolo Angelo Bernardi.
Durante il tragitto, transitarono per via Dante, ma incrociarono un convoglio del tram. Lo spazio tra le rotaie del tram e i pilastri dei portici della strada era talmente stretto da non permettere alla carrozza il passaggio senza esserne schiacciata. San Leopoldo chiuse gli occhi e pregò la Vergine Maria, come aveva già fatto tante volte durante il pellegrinaggio. I passanti cominciarono a gridare intimando al conduttore di fermarsi, ma il cavallo, imbizzarrito, proseguì la corsa e… la carrozza miracolosamente passò illesa.
Quando la gente si accorse che nella carrozza vi era anche padre Leopoldo, esclamò: «Non è successo nulla perché c’è padre Leopoldo!». Ma egli, tutto confuso rispose: «Torniamo da Lourdes. Siamo qui due sacerdoti. È stata la Madonna a salvarci!». I compagni del pellegrinaggio a Lourdes affermarono di averlo spesso udito esclamare: «Oggi abbiamo visto cose mirabili»; episodi effettivamente verificatasi anche al suo ritorno a Padova.
Quante volte nella nostra vita ci troviamo in situazioni tali da non scorgere vie di uscita, come se fossimo in strade chiuse, sicuri di non avere altra possibilità che sfracellarci contro il muro?
San Leopoldo ci insegna che, se sappiamo affidarci con la preghiera al Signore, Egli saprà fare nuove tutte le cose, aprendo nuovi orizzonti là dove la strada ci pareva chiusa, senza vie di uscita. Preghiamo perché si rafforzi in noi la fede, per affidarci sempre più a Dio, affinché nella vita di ciascuno si realizzi il disegno che Dio aveva progettato per noi.
6. Il sogno dell’unità dei cristiani
Nell’affrontare la vita religiosa e sacerdotale, padre Leopoldo era mosso da un «sogno» segreto: essere un giorno missionario nella sua terra, ricca di storia, ma ancor più di contrasti religiosi; riportare alla Chiesa cattolica quanti se ne erano separati, in particolare i fratelli ortodossi.
Fu per qualche tempo a Zara, a Capodistria, poi a Fiume. Ma non rinunciò mai al suo «sogno». Sorretto da indicazioni chiare del Signore, Leopoldo – che si sentiva «un uccellino in gabbia, con il cuore oltremare» – trovò una maniera tutta personale per essere missionario: i cinque metri quadrati del suo confessionale divennero il suo «Oriente».
Ogni persona che si accostava, bisognosa di riconciliazione e di unità interiore, fu accolta, amata, orientata verso Cristo proprio come avrebbe desiderati fare per i suoi cari «orientali». Per questi continuò, sino alla fine, a pregare, offrendo la santa messa, le sue penitenze e ogni sua azione. Arrivò a fare, di questa sua attività nascosta, un voto che rinnovò continuamente, per oltre cinquant’anni, con la certezza di essere stato scelto da Dio per la realizzazione delle parole di Gesù: «Ci sarà un solo ovile e un solo pastore».
«L’ecumenismo è un’esperienza dialogica profonda, un ascoltarsi e parlarsi, un conoscersi meglio; è un compito che tutti possono svolgere, specialmente per quanto riguarda l’”ecumenismo spirituale”, basato sulla preghiera e la condivisione per ora possibile tra i cristiani» (Benedetto XVI).
«L’unità è superiore ai conflitti. L’unità è una grazia che dobbiamo chiedere al Signore perché ci liberi dalle tentazioni della divisione, delle lotte tra noi, degli egoismi, delle chiacchiere. Dobbiamo cercare di portare l’unità» (papa Francesco).
«Il ristabilimento della piena comunione con le Chiese d’Oriente non significa né sottomissione l’uno dell’altro né assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a ciascuno (…). L’unica cosa che la Chiesa cattolica desidera e che io ricerco come vescovo di Roma, “la Chiesa che presiede nella carità”, è la comunione con le Chiese ortodosse» (papa Francesco).
San Leopoldo ci sollecita a «sognare» con Gesù l’unità dei suoi discepoli. Per questo obiettivo bisogna pregare, avere un cuore missionario aperto al dialogo.
7. Devozione e gratitudine
In questa sala, gli oggetti e i doni offerti a san Leopoldo sono la testimonianza pubblica della gratitudine al Santo, di un’amicizia che va oltre il tempo e lo spazio, che rafforza la devozione e la confidenza. Conclusa la sua vita terrena, san Leopoldo continua a vivere nel cuore di quanti l’hanno amato, ammirato e di quelli che lo invocano come potente intercessore.
Cerchiamo anche noi di ringraziare il Signore per tutto ciò che ci ha donato e continua a donarci ogni giorno. Dobbiamo esprimere gratitudine per gli amici che ci ha posto accanto, per tutte quelle persone che ha posto sul nostro cammino e che, con la loro presenza, ci hanno arricchito e guidato lungo un tratto della nostra strada. Inoltre, chiediamo a san Leopoldo di vivere la nostra vita come un dono per gli altri, secondo il suo alto esempio. Lungo la nostra giornata, qualcuno sia “illuminato” in virtù dell’incontro con noi.