Una devozione che continua
Alla morte di padre Leopoldo la stampa, commentando il rito dei funerali, celebrati il 1° agosto 1942, scrisse: «Ora che Padova ha perduto la sua umile, quasi invisibile guida, un grande vuoto si è aperto in mezzo a noi... Il sospiro che sale dal cuore, le lacrime che inumidiscono oggi tanti occhi documentano le pure gioie che riversò e rinnovò senza tregua negli animi». E un cronista annotava ancora: «Lo spettacolo di affettuoso rimpianto, che si spiega oggi intorno al feretro, è solenne proclamazione, è l'apoteosi più alta del ministero divino della confessione».
Padova ha avuto padre Leopoldo in dono dalla Divina Provvidenza, forzandone un po' la mano, certamente contro il desiderio del santo, che avrebbe voluto svolgere il ministero nei Paesi slavi balcanici (che chiamava “il mio Oriente”), al fine di promuovere la causa dell'unione degli ortodossi con la Chiesa cattolica.
Quando, nel 1923, fu trasferito a Fiume, padre Leopoldo era felice, ma la reazione dei padovani fu immediata e talmente vivace che il vescovo Elia Dalla Costa supplicò i superiori cappuccini di richiamare da Fiume padre Leopoldo, giunto appena un mese prima. Convinto dalle insistenze, il padre provinciale scrisse a padre Leopoldo: «Si vede che il Santo la vuole vicino a sé, accetti dunque la volontà del Signore e ritorni al suo nido».
Grazia di Sant'Antonio, pressione dei padovani, intuizione del vescovo Dalla Costa oppure dono del Signore per la città e Chiesa di Padova? Di certo, ora noi sappiamo che la presenza, la vita, il ministero, la santità di padre Leopoldo hanno rappresentato un dono inestimabile e una grazia feconda di bene e di frutti spirituali per numerosissimi fedeli.
San Leopoldo - che Paolo VI definì “una popolare ma autentica immagine di Gesù” - fu mandato da Dio, nell'epoca che ha cercato di distruggere il senso del peccato, per mostrare la possibilità della riconciliazione e della misericordia del Padre.